L’IMPATTO DELLA “RIFORMA FORNERO” SULLE TIPOLOGIE CONTRATTUALI: IL CONTRATTO DI LAVORO A PROGETTO

Oggetto: L’IMPATTO DELLA “RIFORMA FORNERO” SULLE TIPOLOGIE CONTRATTUALI:

IL CONTRATTO DI LAVORO A PROGETTO.

 

• Legge n. 92 del 28 giugno 2012, articolo 1, commi da 23 a 25

La Riforma del lavoro apporta rilevanti modifiche alla disciplina in materia di rapporti di ollaborazione coordinata e continuativa a progetto.

Le novità della disciplina del lavoro a progetto riguardano:

− i requisiti che il rapporto di lavoro a progetto deve necessariamente soddisfare per risultare genuino;

− la determinazione del corrispettivo per la prestazione svolta;

− la risoluzione del rapporto di lavoro;

− l’aumento dell’ aliquota contributiva da versare alla Gestione separata.

La Riforma del mercato del lavoro (Legge n. 92 del 28 giugno 2012) apporta rilevanti modifiche (articolo 1, commi da 23 a 25) alla disciplina in materia di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto. Tali modifiche rendono, di fatto, più rigidi i tratti distintivi di questa tipologia contrattuale, al fine di favorire una restrizione al ricorso alla stessa e di disincentivarne l’utilizzo improprio e strumentale come spesso accaduto in questi anni.

A tale scopo, la Legge n. 92/2012 introduce novità sia in relazione ai requisiti che il rapporto di lavoro a progetto deve necessariamente soddisfare per risultare genuino sia per quanto riguarda il regime contributivo ad esso afferente.

CAUSALE DEL CONTRATTO DI LAVORO A PROGETTO

La Legge n. 92/2012 introduce una sostanziale novità in relazione alla causale del contratto di lavoro a progetto.

Modificando il comma 1, articolo 61 del D.Lgs n. 61/2003, infatti, il Legislatore individua in un progetto specifico l’unica causale possibile alla base del predetto contratto, eliminando qualsiasi riferimento al programma e alla fase di lavoro presenti nella previgente formulazione dell’articolo in esame.  

Progetto post riforma

La Legge n. 92/2012 di riforma del lavoro rivisita l’articolo 61, comma 1 del D.Lgs n. 276/2003, eliminando ogni riferimento al programma di lavoro o fase di esso. In particolare, il nuovo comma 1, articolo 61 dispone che:

“(…) i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione (…) devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore. Il progetto deve essere funzionalmente collegato a un determinato risultato finale e non può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente, avuto riguardo al coordinamento con l’organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa. Il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi, che possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (…)”.

In sostanza, il contratto di collaborazione a progetto deve essere supportato esclusivamente da uno o più progetti specifici determinati dal committente gestiti in autonomia dal collaboratore, avuto riguardo al coordinamento con l’organizzazione del committente.

Con riferimento all’autonomia richiesta nella gestione del progetto da parte del collaboratore, si ritiene che la stessa possa ravvisarsi nella definizione dei tempi di lavoro e delle relative modalità di esecuzione ad opera del collaboratore, il quale dovrà e potrà, comunque, rapportarsi con il committente e integrarsi nell’attività di quest’ultimo.

Secondo la nuova formulazione del comma 1, articolo 61, il progetto deve essere, inoltre, finalizzato alla realizzazione di undeterminato risultato finale.

Il progetto, dunque, deve avere come obiettivo il raggiungimento di un risultato finale non più anche parziale come, invece, poteva accadere secondo  la previgente disciplina nell’ipotesi in cui, alla base del contratto, ci fosse stata la realizzazione di un programma o una fase di lavoro per i quali, come evidenziato in precedenza, era specificamente ammesso il raggiungimento di un risultato anche parziale destinato ad essere integrato, in vista di un risultato finale, da altre lavorazioni e risultati parziali.

Rispetto alla precedente formulazione, nella quale si fa riferimento ad un generico risultato, il novellato comma 1, articolo 61 del D.Lgs n. 276/2003 fa specifico riferimento ad un “determinato risultato finale”. Tale nuova riformulazione rimanda, quindi, al principio derivante dal diritto comune in tema di contratti, sancito dall’articolo 1346 del codice civile, secondo il quale l’oggetto del contratto deve essere “determinato” ovvero definito fin dall’inizio.

In realtà, già in vigenza della previgente disciplina, il Ministero del lavoro, nella Circolare n. 1/2004, nel dare una definizione di progetto quale “attività produttiva ben identificabile e funzionalmente collegata ad un determinato risultato finale (…)”, faceva riferimento alla necessità che non solo il progetto, quale oggetto del contratto di collaborazione, ma anche il risultato finale che il progetto stesso si pone come obiettivo dovesse essere determinato, pertanto “adeguatamente definito”.

La novità in commento viene rafforzata mediante la previsione dell’obbligo, in capo al committente, di descrivere puntualmente, nel contratto di lavoro, il progetto oltre che nel contenuto caratterizzante anche nel risultato finale che si intende conseguire.

Preme sottolineare che risulta particolarmente funzionale alla determinatezza del risultato individuare parametri quantitativi che permettano una sorta di misurazione del risultato finale da conseguire tramite il progetto.

Infine, recependo le indicazioni contenute nella copiosa giurisprudenza intervenuta in questi anni, l’articolo 61, comma 1, prevede ora che il progetto

• non può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale dell’azienda committente;

• non può comportare lo svolgimento di mansioni meramente esecutive o ripetitive. I contratti collettivi possono individuare tali mansioni.

Si ritiene che tale ultima previsione sia applicabile anche in assenza di indicazioni da parte dei contratti collettivi.

FORMA DEL CONTRATTO

Con riferimento alla forma del contratto di lavoro a progetto, il comma 1, articolo 62 del D.Lgs n. 276/2003, nella formulazione previgente, stabiliva che lo stesso deve essere stipulato in forma scritta e deve contenere, ai fini della prova, i seguenti elementi:

“a) indicazione della durata, determinata o determinabile, della prestazione di lavoro;

b) indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di esso, individuata nel suo contenuto caratterizzante, che viene dedotto in contratto;

c) il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonché i tempi e le modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese;

d) le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente sulla esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa, che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne l’autonomia nella esecuzione dell’obbligazione lavorativa;

e) le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a progetto, fermo restando quanto disposto dall’articolo 66, comma 4.”

Con l’entrata in vigore della Legge n. 92/2012, viene sostanzialmente confermato il contenuto del comma 1, articolo 62 sopra riportato. L’unica modifica, oltre all’eliminazione di ogni riferimento al programma di lavoro o fasi di esso, riguarda lalettera b) che viene sostituita con la seguente:

“b) descrizione del progetto, con individuazione del suo contenuto caratterizzante e del risultato finale che si intende conseguire”.

Come si è avuto modo di anticipare in precedenza, il contratto di lavoro a progetto deve contenere la descrizione non solo del progetto e del relativo contenuto ma anche del risultato finale che si intende raggiungere.

Seppure la forma scritta sia richiesta solo ai fini della prova e non “ad substantiam”, tuttavia, essa assume valore decisivo rispetto alla individuazione del progetto e del relativo risultato finale, in quanto in assenza di forma scritta non sarà agevole per le parti contrattuali dimostrare la riconducibilità della prestazione lavorativa appunto a un progetto e ad un risultato finale da raggiungere e, dunque, ad una collaborazione coordinata e continuativa anziché, ad esempio, ad un rapporto di lavoro subordinato.

Resta ferma, comunque, la possibilità per il committente di provare in sede giudiziaria l’effettiva sussistenza di un rapporto di natura autonoma.

CORRISPETTIVO

Il previgente articolo 63 del D.Lgs n. 276/2003 disciplinava il compenso corrisposto ai lavoratori a progetto stabilendo che lo stesso dovesse “(…) essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito, e (…) tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto”.

Sulla base di ciò, risultava evidente che non potessero essere in alcun modo utilizzate le disposizioni in materia di retribuzione stabilite nella contrattazione collettiva per i lavoratori subordinati ma che dovessero essere considerati esclusivamente i compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo.

La quantificazione del compenso doveva, pertanto, avvenire in considerazione della natura e durata del progetto o del programma di lavoro, e, cioè, in funzione del risultato che il collaboratore doveva produrre. Le parti del rapporto potevano disciplinare nel contratto anche i criteri attraverso i quali era possibile escludere o ridurre il compenso pattuito nel caso in cui il risultato non fosse stato perseguito o la qualità del medesimo fosse tale da comprometterne l’utilità.

La Legge n. 92/2012 riscrive integralmente l’articolo 63 del D.Lgs n. 276/2006, stabilendo che:

“1. Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito e, in relazione a ciò nonché alla particolare natura della prestazione e del contratto che la regola, non può essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività, eventualmente articolati per i relativi profili professionali tipici e in ogni caso sulla base dei minimi salariali applicati nel settore medesimo alle mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati, dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati.

2. In assenza di contrattazione collettiva specifica, il compenso non può essere inferiore, a parità di estensione temporale dell’attività oggetto della prestazione, alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto”.

Nella sua nuova formulazione, l’articolo 63 va a modificare in maniera sostanziale i parametri di riferimento per la quantificazione del corrispettivo spettante al collaboratore a progetto. Fermo restando il principio secondo cui il compenso in oggetto deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito, viene introdotta ex novo la previsione in base alla quale tale corrispettivo non potrà essere inferiore ai minimi stabiliti, per i lavoratori subordinati che svolgono mansioni equiparabili, dalla contrattazione collettiva specifica per ciascun settore di attività e, in mancanza della predetta contrattazione, dai contratti collettivi nazionali di categoria. Viene meno, pertanto, il riferimento, contenuto nella formulazione precedente, ai compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo.

 

RISOLUZIONE DEL RAPPORTO

Il contratto di lavoro a progetto, ai sensi del previgente articolo 67 del D.Lgs n. 276/2003, si poteva risolvere:

• al raggiungimento dell’obiettivo, quindi del risultato, identificabile nella realizzazione del progetto, del programma o della fase di lavoro;

• prima del termine fissato:

• per giusta causa;

• per altre motivazioni diverse da quelle sopra citate, con le modalità eventualmente previste nel contratto, incluso la previsione di un periodo di preavviso.

La Legge n. 92/2012 riscrive il comma 2, articolo 67 del D.Lgs n. 276/2003 nei seguenti termini:

“2. Le parti possono recedere prima della scadenza del termine per giusta causa. Il committente può altresì recedere prima della scadenza del termine qualora siano emersi oggettivi profili di inidoneità professionale del collaboratore tali da rendere impossibile la realizzazione del progetto. Il collaboratore può recedere prima della scadenza del termine, dandone preavviso, nel caso in cui tale facoltà sia prevista nel contratto individuale di lavoro”.

Per scoraggiare il recesso del committente prima della scadenza o del completamento del progetto, viene eliminata la possibilità ‐ contemplata nella versione precedente ‐ di introdurre clausole di tipo di individuale a tali fini.

Il committente, pertanto, potrà recedere anticipatamente qualora sia emersa l’inidoneità professionale del collaboratore, tale da rendere impossibile la realizzazione del progetto oggetto del contratto. A differenza di quanto previsto in precedenza, è esclusa la possibilità di recesso, da parte del committente, previo preavviso.

Il collaboratore, da parte sua, potrà recedere prima della scadenza del termine, dandone preavviso, a condizione che tale facoltà sia espressamente contemplata nel contratto sottoscritto.

Il recesso anticipato potrà, infine, avvenire ad opera di entrambe le parti per giusta causa analogamente a quanto previsto in precedenza.

CONTRIBUZIONE

Per quanto riguarda l’aspetto contributivo, la Legge n. 92/2012 introduce una maggiorazione dell’aliquota contributiva attualmente a favore della gestione separata dell’INPS da parte dei collaboratori a progetto: questo per ottimizzare l’avvicinamento alle aliquote in vigore nel lavoro di tipo dipendente.

In particolare, è previsto l’incremento di un punto percentuale dell’aliquota contributiva IVS da versare alla Gestione separata a partire dall’anno 2013:

• per i non assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie si passa da un’aliquota pari al 28% per l’anno 2013 ad un’aliquota del 33% nell’anno 2018;

• per i pensionati e gli assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie si passa da un’aliquota pari al 19% per l’anno 2013 ad un’aliquota del 24% nel 2018.

Preme evidenziare che è in discussione in Parlamento un emendamento alla Legge n. 92/2012 secondo il quale l’aumento dovrebbe decorrere non dall’anno 2013 bensì dall’anno 2014.

Cordiali saluti.

Massimo GUIDETTI